Clamoroso errore nelle previsioni di sviluppo del FV nel 2011

La lettura del comunicato stampa del GSE è, per chi opera nel settore delle fonti rinnovabili, un balsamo da una parte e una fonte di preoccupazione dall'altra. Non vogliamo togliervi il piacere della lettura integrale del comunicato:

La situazione che si è verificata era impensabile fino a quattro mesi fa: il GSE prevedeva che per la fine del 2010 il traguardo raggiungibile sarebbe stato di 3.000 MW. Le proiezioni a fine 2011 - afferma il GSE - sono per potenze superiori a 8.000 MW.

Vediamo gli aspetti positivi di questo fatto.

Primo, l'azione del governo (quella fatta con la Legge 129/2010) ha attratto investimenti privati nell'arco di 4 mesi per circa 12 miliardi di Euro, con esborso da parte dei consumatori (tramite le bollette) di circa 20 miliardi di Euro all'anno, per realizzare 4.000 MW di potenza con una produzione annua stimabile in 6 TWh quasi come una centrale termolettrica (o nucleare) da 1.000 MW. Cosa significa questo? Che dovendo agire in emergenza climatica - e dovendo agire ora e non tra 10 anni - abbiamo una soluzione che allo stato non costa niente (visto che siamo noi consumatori che finanziamo il FV) e che risolve alla radice il problema delle emissioni di CO2, dell'uso dell'acqua, del particolato e altri contaminanti: 5000 MW si mettono in esercizio in un anno. Rispettare gli obiettivi 20-20-20 non sarà una rincorsa affannosa.

Secondo, la filiera FV in Italia può - con questi numeri - puntare ora a completarsi includendo anche le parti di processo relative alla produzione del lingotto e del wafer attualmente non in Italia. Cosa può significare questo? Significa che il costo del kWp potrà beneficarne; i margini netti sono maggiori lì proprio nella produzione del lingotto-wafer; si ridurranno i tempi di attraversamento della filiera favorendo la diffusione della tecnologia FV. Significa anche più posti di lavoro e quindi la possibilità di riconvertire alcuni settori industriali in crisi oppure riottosose ad innovarsi (auto, veicoli leggeri, edilizia).

Terzo, il surplus di potenza di 4.000 MW potrebbe consentire una più rapida ottimizzazione della rete elettrica spingendo a sviluppare produzioni-distribuzione di energia in forma diffusa nel territorio e con questo aprendo ulteriori possibilità di generazione e co-generazione (e quindi anche con l'utilizzo di energia termica attualmente dissipata nell'ambiente) assicurando rendimenti energetici superiori all'85%. A questo fatto si aggiunge un altro fatto: le centrali più inefficienti, più inquinanti, più obsolete (che, fra l'altro, spingono il costo del kWh verso l'alto) se dismesse potrebbero generare effetti benefici non solo ambientali ma anche economici. Spegnendo le centrali più obsolete potremmo avere un kWh meno caro per l'intero parco impianti italiano.

Vediamo ora gli aspetti negativi e fonti di preoccupazione.

Primo, una potenza 4.000 MW (55.000 nuovi impianti) in più del previsto fanno capire che la taglia media degli impianti è salita di parecchio. Se il conto energia doveva favorire i piccoli impianti qui siamo andati ben oltre allo spirito della legge. Sempre piu spesso gli impianti di una certa taglia sono sul terreno e spesso chi viveva di agricoltura trova più conveniente trasformarsi in produttore di energia o in noleggiatore di superficie. Sarebbe consigliabile normare (già alcune regioni lo hanno fatto) la realizzazione di impianti a terra favorendo solo i casi in cui c'è l'autoconsumo per le attività primarie e/o principali.

Secondo, il 3° conto energia potrebbe subire un arresto per il superamento del plafond di 8.000 MW. L'ipotesi dell'annullamento degli incentivi durante il 2011 (previsione del GSE) è improbabile ma non è uguale a zero. Cosa potrà succedere perchè si continui con l'erogazione degli incentivi? Il fondo da cui attinge il GSE dovrà essere rimpinguato attingendo dalle bollette di energia elettrica come si è fatto in passato. La cosa non deve dispiacere più di tanto se serve a evitare la costruzioni di megacentrali che non hanno motivo di esistere se non nel gioco del Monopoli che qualcuno si ostina a usare scambiandolo per la realtà.
Al riguardo Paolo Vigevano, amministratore delegato dell'Acquirente Unico, durante l'audizione alla Commissione industria del Senato ha evidenziato che «nella spesa media annua della famiglia tipo la voce relativa alle fonti rinnovabili pesa per il 7% circa (quota A3 della bolletta elettrica, ndr ), a cui si aggiungono altre voci per circa il 2%, portando gli oneri generali di sistema a poco meno del 10%. Senza un intervento sulla loro evoluzione futura, il peso percentuale di tali oneri potrebbe superare entro pochi anni per importanza il differenziale del costo dell'energia elettrica in Italia rispetto agli altri Paesi dovuto al mix sfavorevole di produzione».
Possiamo osservare che se si aumentasse il rendimento medio nella produzione elettrica (come si diceva anche sopra) e co-producendo e vendendo energia termica il costo del kWh elettrico si abbasserebbe.

Terzo, il plafond di 8.000 MW era stato concordato con l'UE e teneva conto sia dei limiti finanziari e sia dei limiti tecnici. La potenza di 8.000 MW erano stata calcolata come quantitativo massimo che poteva essere generato, immesso e distribuito nel sistema paese, senza stravolgimenti tecnici e, quindi, a costo zero per la comunità.
I limiti finanziari possono essere rivisti agendo - come si diceva prima - sulla quota A3 in bolletta elettrica. Un innalzamento del plafond sarebbe possibile dando avvio alle sole smart-grid e senza i necessari aggiustamenti sia sul piano tecnico (bacini di pompaggio che potrebbero funzionare di giorno per la notte) che internazionali (revisione dei contratti a medio lungo termine di importazione dei combustibili fossili, metano, rigassificatori ed altro). Tutti questi interventi sono difficilmente realizzabili allo stato attuale del governo del paese.

La situazione è esplosa nelle mani del GSE e va gestita prontamente. Chi volesse essere aggiornato in tempo reale può catapultarsi su forum di EnergoClub www.energeticambiente.it

ing. Gianfranco Padovan, Presidente EnergoClub

Fonti: GSE